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Salento Preistorico

Testi e immagini a cura del prof. Alessandro Dell'Avvocata

Il Salento, da questo punto di vista, appare una sorta di museo a cielo aperto, per le innumerevoli testimonianze disseminate nel suo territorio, che meritano di entrare a pieno titolo nei curricoli scolastici.
Il percorso “preistorico” del modulo perciò – nell'ambito di quello più ampio del progetto Iter artis - si propone di avviare gli studenti ad un approfondimento sull'arte preistorica salentina, per tradurlo in strumenti didattici o, comunque, informativi per chiunque voglia conoscere questo “spaccato” di preistoria locale e prevede queste tappe di particolare rilievo storico-artistico-culturale.

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Museo civico di Paleontologia e Paletnologia Decio del Lorentiis di Maglie

Museo Maglie

Istituito nel 1960 dal Gruppo Speleologico Salentino, il Museo fu sostenuto dall'Istituto Italiano di Paleontologia Umana. Fu il naturale esito di una lunga attività di ricerca sul territorio, condotta da alcuni appassionati locali e da specialisti italiani, tra cui Decio de Lorentiis che lo ha diretto dal 1970 al 1994.

Dal 1999, la ridefinizione degli spazi espositivi al piano terra del Palazzo Sticchi, mira ad esaltare il ruolo di Museo del Territorio che questi studiosi vollero imprimergli fin dalla sua istituzione ed assieme alla Biblioteca Comunale F. Piccinno, costituisce il complesso culturale cittadino denominato L'Alca.

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Reperti fossili contenuti nel museo di Paleontologia di Maglie

Menhir Le Vardare - Diso

Nell’agro di Diso, lungo via delle Vardare, si può ammirare uno dei menhir dalle forme più insolite: ricorda una T. Prende il nome dalla strada delimitata da antichissimi muretti a secco che costeggia il piccolo spazio di terra acceso in primavera dai vivaci colori di papaveri e camomille nel quale è infisso a pochi passi dalla cappella della Madonna della Neve. Scoperto da Giovanni Cosi nel 1980, il menhir ha potuto trovare la sua attuale collocazione dopo anni di totale anonimato costretto, come è stato a condividere le sorti di altre pietre, dal passato decisamente meno interessante.  Sulla superficie si vedono ancora, nonostante il tempo le abbia un po’ corrose, tre croci nella parte superiore e un foro nel quale molto probabilmente c’era una croce metallica che è andata ormai perduta. In passato al menhir sono state associate diverse funzioni, di segnalazione di difesa, di indicare ricchezze nascoste e di canalizzare l’energia per fecondare la terra. Sulla sommità inoltre il menhir presenta una coppella che, secondo l’antica leggenda, qualsiasi fluido versato all’interno sarebbe esondato lungo tutta una superficie del menhir stesso.

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Le Valdare

Grotta della Zinzulusa - Castro

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Nel cuore di un’insenatura a nord di Castro, lungo la Via Litoranea per Santa Cesarea, si apre la spettacolare galleria carsica della Grotta Zinzulusa, appartenente all’omonimo paese come attrazione storico-culturale pubblica.

Risalente all’epoca Paleolitica-Eneolitica (3-4 milioni di anni fa) venne scoperta dal vescovo Antonio Francesco Del Duca nel 1793, al tempo considerata luogo sacro per il Dio delle acque.

La denominazione della grotta deriva dal termine dialettale "zinzuli", stracci, ed è dovuta alle formazioni carsiche, in particolare stalattiti, che pendono dal soffitto come fossero stracci appesi. La formazione della grotta, avvenuta per erosione marina.

La Zinzulusa presenta una grandezza complessiva di 30 metri composta principalmente da rocce basali che appartengono ai calcari di Altamura.

La grotta in precedenza probabilmente si presentava situata nell’entroterra e non a ridosso del mare come si presenta oggi.

Ancora oggi lo stato di conservazione si presenta in ottime condizioni grazie anche ai vari restauri (1821-1956), come quello dedicato alla costruzione della passerella che attraversa l’intera grotta.

Zinzulusa

Grotta Romanelli - Castro

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La grotta Romanelli è una delle grotte naturali costiere salentine, vicino a Castro. Fu scoperta agli inizi del 1900 da Paolo Emilio Stasi.

La grotta è lunga solo 35 metri, e si ha evidenza dai ritrovamenti che fu un rifugio per l'uomo nel Paleolitico. Si costituisce da un unico ampio vano aperto e visibile dall'esterno. Si accede più comodamente dal mare e l'ingresso al suo interno è vietato. All'atto della sua scoperta l'antro non era visibile in quanto occultato da banchi di brecce ossifere e tutto il suo volume interno occupato da successioni di strati, ricchi di reperti, di terreni rossi e bruni di origine eolica.Gli studiosi hanno potuto constatare iscrizioni rupestri che rappresentano figure di animali che evidentemente popolavano questa zone e tra questi c'erano rinoceronti, bovini, iene, ippopotami, lupi e anche una specie di pinguino ormai estinto.

Romanelli

La loro presenza prova il fatto che la temperatura in queste zone ha visto grandi sconvolgimenti, passando da alte temperature come sono oggi quelle africane fino alla glaciazione.

Sulle pareti della grotta, che è profonda 35 metri, ci sono altre iscrizioni rupestri che rappresentano atti della vita quotidiana dell'uomo preistorico e oggetti di uso comune.

Gli studiosi hanno anche potuto constatare che all'interno della grotta esistono diverse stratificazioni, chiamate delle terre rosse e terre brune per indicare da dove arrivassero e a quale epoca appartenessero gli uomini che hanno abitato la Grotta Romanelli. Oltre agli strumenti vennero alla luce tre scheletri umani insieme ad altre ossa sparse.

Dolmen Li Scusi - Minervino di Lecce

Li Scusi

La scoperta del dolmen di Minervino diede il via a quella che fu definita come una vera e propria “caccia del megalitismo” che portò in pochi anni a scoprire ben 100 monumenti.

Il nome “Li Scusi” si riferisce a qualcosa da nascondere, anche se si ignora l’identità dell’oggetto in questione. E’ però importante sottolineare che in passato, in corrispondenza dei dolmen megalitici si immaginava la presenza di un tesoro. E’ alto più di un metro, secondo in Puglia per altezza dopo quello di Bisceglie. E’ composto da otto pilastri che sorreggono una lastra orizzontale. Al centro presenta un foro, largo circa 20 centimetri, dedicato a cerimonie che prevedevano la decapitazione di animali, la cui testa, doveva passare attraverso esso per poi ricadere nella fossa.

Un’ eventuale funzione è quella archeoastronomica, dato che si ipotizza che un tempo i raggi del sole potessero penetrare perpendicolarmente attraverso il foro nel giorno del solstizio d’estate.

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Menhir San Vincenzo - Giurdignano

San Vincenzo
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Il menhir San Vincenzo è uno dei monumenti megalitici più alti del territorio giurdignanese. Alto circa 3,50 m, poggia su un banco roccioso e misura alla base cm 45 x 30. È posto nel centro del paese a poca distanza dalla cripta bizantina di San Salvatore. Presenta una sommità rastremata con una fasciatura metallica di consolidamento. Il monolite è inglobato nel centro abitato, ma ancora nella sua posizione originaria: confitto in uno sperone. Presenta i segni del tempo e una fascia di ferro sulla sommità per evitarne la rottura. Le superfici delle facce appaiono erose, gli spigoli smussati e la presenza di alcune tacche. La superficie della faccia rivolta ad Ovest presenta sfaldature della pietra. Il Menhir non è stabile e presenta, inoltre, crepe provocate da un albero di fico.

Menhir San Paolo - Giurdignano

San Paolo

Il menhir San Paolo è situato a Giurdignano, in provincia di Lecce ed è orientato sull’asse est-ovest. Ha uno sviluppo verticale non notevole, poggia su un basamento di roccia scavato al cui interno sono presenti degli affreschi e la sua sommità presenta un foro, caratteristica comune a tutti i menhir del paese. Lo scavo della roccia è avvenuto in epoca medievale a opera di monaci di origini italo-greche che lo utilizzavano come rifugio notturno oppure per sepolture rituali, infatti è un esempio di sincretismo religioso. Il suo sorgere si inserisce all’interno del fenomeno rupestre degli invasi sacrali. Seguenti alla lotta iconoclasta scatenata dall’imperatore Leone III nell’VIII secolo. Le pareti interne sono tutte affrescate, a sinistra è stata ritrovata la figura di Maria, a destra invece abbiamo un affresco di San Paolo e di una taranta. Il menhir è stato scoperto alla fine del XIX secolo dallo storico Cosimo De Giorgi.

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Grotta dei Cervi - Otranto

Grotta dei Cervi
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Febbraio 1970, nelle vicinanze di Porto Badisco, 5 membri del gruppo speleologico “Pasquale de Lorentis”, Severio Albertini, Enzo Evangelisti, Isidoro Mattioli, Remo Mazzotta e Daniele Rizzo, trovarono l’ingresso di un cunicolo che si addentrava nella formazione calcarea locale. Dopo alcuni giorni riuscirono a penetrare in un complesso sistema di cavità carsiche, ramificazioni in corridoi, gallerie, sale, resti di ceramiche e, sulle pareti, figure dipinte. Il professore Felice Gino Lo Porto, sovrintendente alle Antichità della Puglia, organizzò un servizio di vigilanza e chiuse l’ingresso con un cancello. La grotta si trova su una penisoletta limitata ad ovest dal porticciolo naturale di Porto Badisco e ad est dal mare aperto. È ricco di materiali archeologi e osteologi, completamente rimareggiato ab antiquo, ceramiche di epoca e tipologia disparate furono mescolate.

La Grotta dei Diavoli, aprentesi nel porticciolo di Porto Badisco. È meno sviluppata e giunge, con una sua diramazione, ad una cinquantina di metri dalla Grotta dei Cervi. Il deposito dell’ultima cavità esplorata dalla sovrintendenza di Taranto si presentava così costituito:

  • Strato superficiale sterile di industrie

  • Strato con industrie eneolitiche e abbondante ceramica (tipo Piano conte)

  • Strato neolitico con ceramica figulina dipinta a bande rosse

  • Strato di base sabbioso, sterile di industrie

Fuori dalla grotta sono stati rinvenuti resti scheletrici umani, uno in sepoltura accertata. Non sono stati trovati materiali posteriori all’Eneolitico di tipo Piano Conte e Rinaldone né anteriori a facies con ceramiche a bande rosse. È impossibile, per il momento, esprimere un giudizio completo sulla struttura e sul meccanismo della sua formazione. Sono presenti opere di consolidamento lungo i fianchi del cunicolo e della trincea di accesso, costituite da muri a secco di rinforzo (dal carattere megalitico considerando le notevoli dimensioni dei blocchi). Su di essi vi sono diverse immagini: alcune figurative disposte razionalmente e con ordine, vere e proprie composizioni, scene, figure veriste; altre immagini non figurative di carattere simbolico e astratto che rivelano l’esistenza di un chiaro rapporto compositivo e formano complessi pittorici concepiti secondo una logica e con finalità ben definite, con un significato oscuro di cui ci sfugge il senso. È possibile intravedere il profondo legame che unisce il mondo spirituale ed esistenziale delle antiche popolazioni alle loro manifestazioni d’arte.

Dolmen Plau - Corigliano D'Otranto

 

Dolmen Plau

Il Dolmen Plau Grande Caroppo I si trova nelle vicinanze dell’abitato del comune di Corigliano d’Otranto, nel cuore della Grecìa Salentina. Questo è l’unico dolmen galleria rinvenuto nel Salento, ha un’apertura rivolta in direzione Est-Sud Est ed è formato da nove ortostati di diverse dimensioni, sia monolitici che con pietre impilate e di rinforzo. A sovrastare ci sono quattro lastre di diversa dimensione e accostate una all’altra, che coprono quattro ambienti adiacenti. Il tutto poggia su un blocco di roccia che affiora.

Vicino a questo dolmen, a pochi metri da esso in direzione Sud Ovest, si trova il Dolmen Plau Piccolo Caroppo II. Il terreno circostante è caratterizzato dalla presenza di rocce affioranti dal terreno, vegetazione spontanea e muretti a secco per la delimitazione dei fondi di proprietà. Il Dolmen Plau Piccolo Caroppo II è sovrastato da una pietra di copertura di forma irregolare rettangolare, sovrastata da due ortostati monolitici e un appoggio fatto di pietre in pila. La base del monolite poggia su un blocco di roccia che affiora dal terreno fino ad un metro dal piano campagna. L’apertura dell’ambiente dolmenico è impegnata da un grosso masso ed è rivolta in direzione Nord-Est.

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Titolo Progetto: "Iter Artis"

Titolo Modulo: "Basta un clic (un sito web di arte e storia salentina)

Liceo Scientifico "Leonardo da Vinci" Maglie (Le)

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