Cenni storici
La caduta dell'impero romano d'occidente e la guerra greco-gotica
L’ impero romano d’ Occidente cadde senza rumore nel 476. Allora Odoacre, condottiero ‘barbaro’, depose il giovane e insignificante imperatore Romolo Augustolo. Con questo atto ebbe inizio in Italia un periodo di governi cosiddetti ‘barbarici’ che doveva durare per più di mezzo secolo. Il primo rex fu Odoacre che, tuttavia, riconobbe la sovranità dell’impero d’ Oriente. Ma nel 491 egli fu sconfitto e successivamente assassinato e sostituito dal re ostrogoto Teodorico. Nonostante i suoi meriti, riconosciuti anche dagli avversari politici, Teodorico non riuscì mai a conciliarsi completamente con i Romani.
La morte di Atalarico nel 534, successore di Teodorico, e le liti fra i membri superstiti della famiglia reale gota fornirono all’ imperatore d’ Oriente Giustiniano l’atteso pretesto per intervenire in Italia. Nel 540 i Bizantini ebbero la meglio sui Goti grazie ad una guerra che si svolse soprattutto nel Salento per la presenza di importanti città portuali come Taranto, Brindisi e in particolare Otranto che fu posta sotto assedio nel 544. Dopo le elezioni del nuovo re goto Totila nel 542 la guerra si riaccese e, condotta da parte dei Bizantini con pochi mezzi e scarsa convinzione, si trascinò fino al 552, quando il generale bizantino Narsete sconfisse in Campania l’esercito goto comandato dall’ultimo re Teia, che cadde in battaglia.
La guerra greco-gotica fu uno dei periodi più orrendi della storia d’Italia: dopo quasi un ventennio di guerre e devastazioni, era un paese impoverito e stremato; la popolazione decimata da razzie, fame e malattie, in particolare da una tremenda epidemia di peste.
I Longobardi e l'abbandono dei centri abitati
Alla fine della Guerra (535-553), la penisola era diventata parte dell’Impero romano d’Oriente, ma solo per pochi anni, perché di lì a poco una nuova popolazione barbarica si affacciava ai valichi alpini: i Longobardi.
I longobardi popolo nomade giunsero dalla Pannonia in Italia nel 568 alla guida del re Alboino, occuparono vasti territori, ma non riuscirono quasi mai ad espugnare città costiere pugliesi come Siponto, Otranto, Gallipoli, Brindisi e Taranto, che rimasero sempre saldamente in mano bizantina. La Puglia prese il nome di Langobardia e rimase sotto il controllo barbaro fino alla definitiva conquista bizantina, avvenuta negli ultimi decenni dell’800. Le condizioni delle genti salentine non migliorarono, soprattutto perchè i dominatori non furono in grado di difenderle dagli attacchi dei longobardi e, peggio ancora, da quelle dei saraceni.
I maggiori centri pugliesi divennero importanti da un punto di vista strategico ma non civile ed economico, dato che la Terra d’Otranto fu considerata da sfruttare solo da un punto di vista esattoriale.
Il decadere delle funzioni protettive delle città, la debolezza del potere militare bizantino, la precarietà del vivere fra invasioni e devastazioni, furono fattori principali che contribuirono ad uno spopolamento delle città ed ad un ripopolamento delle campagne che si presentavano selvagge, trascurate e con ridotte terre coltivabili. La campagna rimase l’unica via di salvezza: lì si formarono piccoli nuclei sociali.
Le lotto iconoclaste
Gli insediamenti rupestri, che nacquero in questo periodo, si svilupparono spesso nei pressi di siti abitati da monaci basiliani così chiamati dal grande vescovo di Cappadocia S. Basilio. La preferenza per la nostra terra si spiega per la vicinanza alla Grecia; per la plurisecolare conoscenza in Oriente dei nostri luoghi ed infine per l’aspetto geofisico della Terra d’Otranto, analogo a quello della loro terra di provenienza.
I monaci basiliani si stabilirono nel Salento in tre ondate migratorie:
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nel VII sec. a causa dell’espansione mussulmana che provocò la loro fuga dall’Africa e dalla Siria;
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nel VIII sec, precisamente nel 725 quando l’imperatore Leone III emanò un editto con il quale ordinava la distruzione di tutte le immagini sacre dai luoghi pubblici (Lotte iconoclaste). Ciò porto alla distruzione di molte reliquie, statue e affreschi e alla conseguente fuga dei monaci, custodi di molte icone, nel Salento.
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nel IX-X sec. i monaci scacciati dai musulmani arrivano in Sicilia.
La distruzione delle immagini sacre
Nella prima metà dell’VIII secolo una grave crisi religiosa, nota col nome di lotta iconoclasta colpì l’Impero bizantino, dove si sentiva più forte il richiamo delle altre grandi religioni rivelate, l’ebraismo e l’islamismo, che proibivano la raffigurazione della divinità (idolatria), e in questo si allontanavano dalla tradizione greco-romana. Gli iconoclasti sostenevano che l’idolatria diffondesse l’ignoranza e la superstizione tra il popolo. Infatti, già quando i primi cristiani cominciarono a decorare i luoghi di culto, sorse il problema della rappresentazione del sacro e, sin dai primi secoli, si sviluppò un dibattito sulla raffigurazione di Gesù, della Madonna e di altre figure religiose. I teologi, favorevoli alla venerazione delle immagini, la giustificavano in base all’incarnazione di Cristo, che rendeva possibile la sua rappresentazione visibile. In questo clima, verso la metà dell’VIII secolo, nell’Impero Bizantino nacque un movimento politico-religioso noto come iconoclastia, secondo il quale la venerazione delle icone era da respingere. La controversia acquisì una dimensione politica quando salì al trono Leone III che nel 726 ordinò quindi la distruzione delle icone, sia perché il loro culto rappresentava un’autentica eresia sia perché risoluto a togliere potere ai monasteri dove si riunivano grandi masse di fedeli per la venerazione.
I monaci basiliani
I Monaci Basiliani appartengono a un ordine ispirato alla dottrina di San Basilio e da lui fondato; di origini egiziane, palestinesi, siriane e turche, sappiamo che abitavano regioni desertiche del mediterraneo orientale come la penisola del Sinai o l’altopiano roccioso della Cappadocia. I monaci vennero uccisi nel tentativo di mettere in salvo le loro immagini sacre, il motivo ufficiale del provvedimento era quello di combattere il commercio delle immagini ritenute superstiziose, ma le finalità erano senza dubbio politiche. Questi antichi monaci cristiani vivevano in grotte naturali e quando giunsero numerosi in Puglia, trovarono caratteristiche morfologico-naturali simili a quelle che avevano lasciato: una terra fatta di grotte e con un terreno che spesso si prestava ad essere facilmente scavato. I primi rifugi furono piccole grotte scavate nella roccia friabile con l’ingresso dall’alto attraverso un buco; all’interno c’era il giaciglio, per riposare, e la cripta, generalmente con la parete affrescata e destinata alla celebrazione della messa.
Gli insediamenti rupestri
Con la venuta dei basiliani, le grotte si trasformarono in cripte ricche di affreschi raffiguranti immagini di santi orientali. Qui continuarono a praticare i loro riti e influenzarono anche costumi sociali e rapporti umani esistenti nei centri o nei villaggi rupestri che li accoglievano.
Intorno alla metà dell’800 terminarono le persecuzioni iconoclaste e i monaci poterono abbandonare i loro primi rifugi e iniziare a costruire chiese e monasteri che divennero in poco tempo importanti centri culturali e sociali.
Tra l’altro furono loro ad incrementare la coltivazione dell’olivo e ad importare varie colture nel Salento come la quercia Vallonea dalle cui grosse ghiande ricavavano anche una farina per il pane, il gelso, il carrubo, il pino d’Aleppo. Si ritiene che fu grazie alla loro opera che l’agricoltura progredì notevolmente.
Il fenomeno rupestre può essere suddiviso in due gruppi:
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le chiese-cripte cioè luoghi di culto delle popolazioni rurali all’origine quasi tutte di rito greco;
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villaggi rupestri veri e propri a destinazione civile.
Le chiese-cripte hanno una planimetria varia: le più antiche hanno una sola navata spesso absidata (quella di S. Antonio Abate a Nardò o della Favana a Veglie), altre hanno una doppia navata con la presenza dell’iconostasi ed altre ancora, più complesse hanno tre navate absidale in base ad un impianto che imita le chiese a pianta centrale. A parte la planimetria un altro aspetto molto interessante è dato dalla presenza, su tutta la superficie dell’invaso, di affreschi che rappresentano santi rappresentati ieraticamente simili per secoli. Gli affreschi sono spesso accompagnati da iscrizioni in lingua greca che permettono di conoscere il soggetto, il donante, la data e a volte l’autore.
Alcuni villaggi rupestri sono stati identificati a Montesardo (in località Macurano), Carpignano, Castro, Nardò, Roca, Ugento e Uggiano. Dalla dislocazione dei vari paesi sul territorio, si evince che è la parte ionica della penisola quella maggiormente interessata da questo insediamento formato da più grotte collegate da sentieri o scalinate scavate nella roccia o nel tufo munite di cisterna, frantoi, mulini e zone tombali.